Colori ed emozioni
Colori ad olio
Le origini della pittura a olio affondano le radici nell'antichità; ne davano notizia già Marco Vitruvio Pollione, Plinio il Vecchio e Galeno. Teofilo monaco la riporta nel De diversis artibus, un celebre ricettario della prima metà del XII secolo e, alla fine del Trecento, la cita Cennino Cennini nel Libro dell'Arte. Non è pertanto da prendere alla lettera la leggenda, riportata anche dal Vasari nelle sue Vite, secondo cui Jan van Eyck fu l'inventore dei colori a olio; è certo, invece, che i pittori fiamminghi del XV secolo perfezionarono questa «nuova e prodigiosa maniera di colorire», ovviando ad alcuni inconvenienti. Fu comunque dalla metà del XV secolo che l'olio conobbe una straordinaria diffusione, prima nelle Fiandre e poi, dagli anni sessanta e settanta del XV secolo, in Italia. Gli italiani utilizzavano già questa tecnica, soprattutto in combinazione con altre, come la pittura a tempera(ad esempio, fu usata per la realizzazione di alcune parti della Pala Colonna di Masaccio), ma le prime opere eseguite interamente ed esclusivamente a olio comparvero soprattutto nelle città che per prime accolsero la cultura fiamminga, come Urbino, Ferrara, Napoli, Romae, in seguito, Venezia. L'introduzione della tecnica a olio in Italia è tradizionalmente attribuita ad Antonello da Messina, che nella sua città natale e a Napoli poté entrare in contatto diretto con artisti catalani e fiamminghi, tra cui Petrus Christus. Il suo esempio sarebbe poi stato seguito da Piero della Francesca, Giovanni Bellini e altri. La pittura a olio, inizialmente stesa su supporto ligneo, dal XVI secolo si affermò anche su tela, dando origine a una modalità quasi esclusiva (la locuzione 'olio su tela' esprime la quasi totalità della produzione figurativa a olio sino al XIX secolo) che nella tecnica pittorica mutò solo con la comparsa dei colori acrilici. L'olio è un ottimo legante che indurisce nel tempo per contatto con l'ossigeno presente nell'aria formando una pellicola insolubile e resistente (polimerizzazione). La possibilità di creare finissime velature trasparenti e di lavorare il colore "nel bagnato" permette di ottenere effetti di luce e di profondità difficilmente raggiungibili con altre tecniche pittoriche. Consente inoltre di ampliare la gamma cromatica, ammorbidire le sfumature e potenziare il modellato[2]. I colori impastati con l'olio, una volta asciutti, garantiscono una lunga durata soprattutto rispetto alla tempera, mantenendo pressoché inalterati i valori cromatici. Grazie a queste caratteristiche, la pittura a olio si è diffusa in tutta Europa favorita anche dai commerci dei mercanti che, apprezzandone i vantaggi pratici, trasportarono i dipinti su tele arrotolate molto più leggere e maneggevoli delle rigide tavole di legno. Per la sua duttilità, la tecnica a olio sopravvisse nel corso dei secoli, piegandosi ai più disparati utilizzi. A seconda della modalità di stesura del colore, ad esempio, gli artisti crearono superfici perfettamente levigate o, al contrario, ruvide e increspate, stese con pennello o spatola, generando una consistenza materica dalla particolare valenza espressiva. Leonardo da Vinci è forse oggi tra i pittori più noti per l'uso dello sfumato. Nelle sue opere, le velature piatte (realizzate usando talvolta anche le dita) celano i segni delle pennellate, mentre le trasparenze creano una luminosità diffusa che modella con morbidezza le forme. Tiziano invece usò, soprattutto nelle opere tarde, un segno pittorico rapido e sciolto, con il colore steso in pennellate corpose e a rilievo, in cui le forme emergono con vigore; Vincent van Gogh infine arrivava spesso a spremere direttamente il colore dal tubetto, in modo che la materia pittorica non fusa divenisse essa stessa segno, quasi senza la mediazione dell'autore. Lo svantaggio nel complesso limitato del colore a olio risiede nei lunghi tempi di asciugatura e nella difficoltà di esecuzione di talune tecniche. L'aggiunta di sostanze essiccanti inoltre provoca spesso effetti irreversibili di scurimento dei dipinti. Anticamente il pittore realizzava da sé stesso i colori, lavorando la materia prima che doveva essere ridotta finemente in polvere, lavata (purificata) ed infine macinata con l'olio. Per compiere il procedimento era necessario avere esperienza e scegliere fra i vari pigmenti quelli che potevano essere mescolati senza creare reazioni di incompatibilità, per non pregiudicare irrimediabilmente il dipinto nel tempo, come avvenne nei secoli passati a causa di esperimenti mal riusciti. I colori a olio contengono pigmenti polverizzati in prevalenza di origine minerale, ma non mancano colori ottenuti da terre, da sostanze vegetali (delicati e rapidamente deperibili; perciò, sebbene alcuni abbiano un notevole potere pigmentante, sono assai di rado utilizzati) o di origine animale. I colori sono soggetti a ossidazione atmosferica, ciò significa che essi tendono naturalmente a scurire nel tempo. Tale tendenza può essere rallentata o anche arrestata ponendo l'opera in una camera protettiva dotata di atmosfera controllata o inerte (assenza di ossidanti gassosi quali l'ossigeno e sostituzione con l'azoto). I colori a olio risentono anche di ampie e repentine escursioni termiche e, ovviamente, degli inquinanti ambientali. Oggi quasi tutti i pittori utilizzano colori a olio in tubetto, già pronti, reperibili nei colorifici.
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